UN CASO MOLTO PARTICOLARE
Cuphead è il più interessante caso videoludico degli ultimi anni: presentato durante la conferenza Microsoft all’E3 del 2014, il curioso titolo di StudioMDHR Entertainment ha avuto uno sviluppo molto difficile. È scomparso e riapparso più volte sui radar, tanto da far temere di essere vicino alla cancellazione del progetto. In realtà questo ritardo è tutto dovuto al suo complicato processo di creazione: ogni animazione è stata infatti realizzata a mano, costringendo la casa produttrice ad allungare i tempi ed ampliare il gruppo di sviluppo, che contava inizialmente solo tre elementi. Nonostante questa lunga attesa, il titolo è finalmente uscito ed ha già conquistato tantissimi giocatori.
UNA RESA GRAFICA ECCEZIONALE
Ciò che ha catturato immediatamente l’attenzione del pubblico è stato senza ombra di dubbio il suo comparto grafico. Infatti il gioco si ispira fortemente alla golden age dell’animazione americana, ricordando i grandi cartoni americani degli anni 30′ come Popeye, Betty Boop e i classici Disney. Da questi ultimi riprende anche le sinfonie allegre che li accompagnavano. Il mondo così creato non può far altro che catturare l’attenzione di qualsiasi giocatore e giustificare la lunga attesa per il rilascio.
CLASSICO FUORI DAL TEMPO
Come già detto in precedenza, ogni dettaglio è stato accuratamente disegnato a mano, senza l’utilizzo di alcun software dedicato all’animazione, per avere la miglior resa possibile. Dal design dei protagonisti, Cuphead e Mughead, fino ai boss che popolano il mondo del gioco, tutto si rifà ai modelli del tempo, emulando alla perfezione stili ed atmosfere dei cartoni animati dell’epoca.
L’utilizzo dei cromatismi ed alcuni effetti post produzione come filigrane ed artefatti video rendono l’esperienza di gioco unica, replicando in tutto e per tutto il feeling delle prime trasmissioni televisive. Non mancano riferimenti ed omaggi a personaggi famosi. Lo stesso protagonista, Cuphead, indossa infatti i classici abiti della star indiscussa della Disney, Topolino. Anche tutto il comparto sonoro replica fedelmente la sonorità della Golden Age, con voci ed effetti che sembrano provenire proprio da una vecchia trasmissione. Lo stesso vale per la spettacolare colonna sonora, che viaggia tra il Jazz e lo Swing e che vi accompagnerà per tutto il gioco.
Una cura maniacale sotto ogni aspetto, che ha portato il team di sviluppo a realizzare addirittura più di 100 singoli frame per un semplice nemico, un lavoro a dir poco titanico ma che una volta in movimento lascia letteralmente estasiati, così tanto da distrarre, a volte, il giocatore dal suo scopro primario, sopravvivere.
“A DEAL WITH THE DEVIL”
La storia è molto semplice: indebitati con il Diavolo in persona dopo una notte brava al Casinò, Cuphead e Mughead dovranno trovare il modo di salvare le proprie anime offendo al sadico satanasso quelle presenti su una lista e appartenenti a degli stravaganti personaggi che dovremo affrontare in cambio della nostra libertà. Ed è così che le due tazze antropomorfe dovranno girare per le Inkwell Island alla ricerca degli “sfortunati” sostituti e metterli fuorigioco per assicurarsi la salvezza.
GAMEPLAY CLASSICO E DINAMICO
Sarebbe tutto più facile se fossimo alle prese con un titolo più canonico, ma Cuphead decide di essere diverso anche nel gameplay e, sopratutto, nella sua difficoltà. Il semplice tutorial iniziale serve solo per imparare al volo le azioni eseguibili. Il nostro personaggio potrà saltare (utilizzando nel caso anche un “parry” e sfruttare alcuni “proiettili” come trampolino), sparare in più direzioni ed effettuare uno scatto rapido in grado di liberarci velocemente da alcune situazioni scomode, oltre ad un attacco speciale e una “super” da usare solamente nel momento del bisogno.
Mosse dove le distrazioni non sono ammesse e gli errori estremamente limitati. Nessun boss sarà una sfida semplice da portare a termine e ognuno di loro potrebbe essere un potenziale muro da scavalcare, contro il quale battere a muso duro tentativo dopo tentativo, prima di riuscire a terminare lo stage. La particolarità di queste boss fight sta non solo nella spettacolarità dell’azione a video, ma anche nella diversificazione della stessa. Ogni nemico ha una serie di mosse predefinite, ma verranno utilizzate in maniera del tutto casuale, obbligando si ad imparare i vari pattern d’attacco ma anche a saper “leggere” il flow dello scontro, anticipando e prevedendo quello che il boss sta per fare. La difficoltà non viene scandita solamente dalla cattiveria dei nemici ma anche dalla “delicatezza” dei suoi protagonisti che avranno di base solamente 3 tentativi prima di finire in game over e dover ricominciare il livello. Tra l’altro, oltre il danno la beffa, ad ogni “try” fallito ci verrà fornita la barra di progresso del combattimento, facendoci in alcuni casi magiare le mani per quanto vicini all’obiettivo siamo arrivati senza riuscirci. I boss da affrontare prima di giungere allo scontro finale offrono poi quanto mai di più vario e articolato si possa trovare oggi giorno in un titolo del genere, e si resta nuovamente stupiti dal lavoro fatto per diversificare in maniera così netta e precisa ogni singolo nemico.
Ad esempio capiterà ad un certo punto di affrontare un drago in volo saltellando di nuvola in nuvola, mentre lui, imperterrito, ci sparerà palle infuocate o tenterà di colpirci con la coda. Uno scenario che raccontato non riesce forse a trasmettere la tensione del combattimento, ma che ci ha tenuto impegnati per ore, quando nella terza fase i ruoli vengono invertiti e da inseguitori diventeremo fuggitivi, cambiando così le prospettive dello scontro. Di conseguenza ogni nuovo stage presente sulla mappa è un’avventura unica ed originale che trova nell’imprevedibilità uno dei suoi punti di forza maggiori.
YOU CAN’T CHEAT THE DEVIL
Per riuscire nella nostra missione potremo acquistare, spendendo le monete raccolte nei livelli “Run & Gun”, tutta una serie di “migliorie” da equipaggiare, che vanno da nuove tipologie di sparo a bonus secondari, come cuori aggiuntivi o abilità passive. Però ricordatevi bene che se Cuphead vi da qualcosa, da qualche altra parte ve la toglie. Ed è così che se andrete ad aumentare i cuori, e quindi il numero di tentativi possibili prima di morire, il gioco verrà bilanciato diminuendo notevolmente la potenza di fuoco, oppure un nuovo tipo di “sparo” sarà molto più efficacie rispetto a quello standard ma dalla portata ridicola, costringendovi a giocare a contatto con il nemico. La personalizzazione resta comunque un aspetto da non sottovalutare, in quanto ognuno dei vari boss presenti richiederà strategie ed approcci diversi per essere sconfitti, ed avere ben chiaro in mente tutte le possibilità offerte da Cuphead gioca solamente a nostro vantaggio.
IN CONCLUSIONE
In tutta questa perfezione stilistica facciamo fatica a trovare dei difetti oggettivi. Anche l’estrema difficoltà con la quale avremo a che fare per tutta la durata del gioco, riesce a non cadere nella trappola della frustrazione, anzi, vi spronerà e stimolerà nel riuscire a completare i livelli nel miglior modo possibile, spingendo anche sulla rigiocabilità degli stessi grazie ad un sistema di ranking che valuterà la nostra partita tenendo conto del tempo impiegato, dell’energia residua e di altri aspetti che formeranno il voto che apparirà a fine conteggio.
Se proprio dovessi lamentarmi di qualcosa questa dovrebbe essere la durata dell’avventura. Ogni singolo stage si completa in una manciata di minuti, o almeno questo sulla carta. È difficile concretizzare il numero di ore necessarie a portare a termine il gioco, in quanto il tipo di esperienza che ne scaturisce giocando varia sensibilmente da giocatore a giocatore in base all’abilità, alla difficoltà scelta e, perché no, alle botte di fortuna necessarie per sentir esclamare quel “KNOCKOUT” urlato a tutto volume che segna la fine del livello. il divertimento non mi ha mai abbandonato per un solo istante, ed è qua che Cuphead si rivela vincente riuscendo a centrare in pieno l’obiettivo.